venerdì, maggio 03, 2024

Johnny Thunders

Prendendo spunto dalla recente biografia di Andrea Valentini (recensita qui: https://tonyface.blogspot.com/2024/04/andrea-valentini-lamf-la-leggenda-di.html) ho dedicato domenica scorsa per il quotidiano "Libertà" di Piacenza un articolo a JOHNNY THUNDERS.

Complicato riuscire con tanta e continua costanza buttare al vento una carriera che poteva essere brillante, ricca e carica di soddisfazioni. Diventando comunque mito e leggenda proprio perché epitome della sconfitta, perfettamente coerente con la sua celebre canzone “Born to lose”, nato per perdere.

Johnny Antonio Genzale incominciò presto a distruggere i ponti verso il successo.
Incurante delle conseguenze, ha calpestato ogni spiraglio artistico (e non solo) che gli potesse assicurare un'esistenza dignitosa, con un minimo di sicurezza e prospettiva futura.
Cresciuto a New York in una famiglia siculo/napoletana, abbandonato dal padre in tenera età, trovò nel baseball il suo principale sfogo: “Giocavo a baseball dalle 8 di mattina alle 8 di sera, di seguito. E mi piaceva da morire”.

Pare fosse piuttosto promettente, tanto da entrare nelle grazie di diverse squadre, anche di primo livello. Ma finì per abbandonare e sprecare, per la prima volta, il suo talento.
La leggenda narra che si fosse rifiutato di tagliare i lunghi capelli come imponeva l'allenatore.
Opta invece per la musica e la chitarra, abbracciando il rock 'n' roll negli esplosivi anni Sessanta.
Forma vari gruppi, cambia nome in Johnny Thunders ed entra nei New York Dolls, band che si dedica a un aspro rock, tra rhythm and blues, hard e glam.
Ma è il look a renderli unici e immediatamente riconoscibili. Provocatorio, oltraggioso e spregiudicato: stivali al ginocchio con tacchi alti, capelli lunghissimi e cotonati, pantaloni attillati, rossetto, look da drag queen di quart'ordine.
Apparentemente caricaturali, in realtà temibili e minacciosi.
Anche perché nel frattempo sono già entrati in un vortice di eccessi di ogni tipo tra alcol, pillole, eroina e altre sostanze. La loro fama cresce e il futuro si prefigura di successo e notorietà come quella che stavano contemporaneamente costruendo gruppi come Kiss, Aerosmith e Alice Cooper. Ma la band incomincia a bruciare un'opportunità dietro l'altra.
Alla vigilia di un importante tour inglese perdono il batterista Billy Murcia, stroncato da un mix di alcol e barbiturici. Dopo varie peripezie strappano un contratto discografico per due album.

Il primo omonimo non andò male, ma le 100.000 copie non soddisfecero l'etichetta discografica, tanto meno la critica che non fu sempre generosa, pur essendo una pietra miliare con brani come “Personality crisis”, “Jet boy” o ”Looking for a kiss”, germi vitali per l'imminente sbocciare del punk.
I New York Dolls girano per gli States e tornano in Inghilterra facendo un grande effetto su una serie di aspiranti musicisti, gente come Mick Jones, futuro Clash, Morrissey (l'ex voce degli Smiths li ha sempre adorati), Paul Cook e Steve Jones di lì a poco nei Sex Pistols e tanti altri.
Il secondo album “Too much too soon” avrebbe dovuto segnare un riscatto ma deluse le aspettative. Male assemblato, con scarsa ispirazione, segnò di fatto la fine della band.
Che continuò a suonare ma con sempre meno seguito e sempre più problemi interni oltre all'abisso di eccessi in cui erano ormai sprofondati senza remore.
L'etichetta ritirò l'offerta per un terzo album, la band si ritrovò alla fame. Malcom Mc Laren, gestore di un negozio di vestiti a Londra, abile imprenditore, cercò di salvarli, sperimentando di fatto con loro quanto avrebbe di lì a poco perfezionato con i Sex Pistols.
Li rivestì di rosso, in completi di pelle con un vistoso quanto improbabile striscione sul palco con falce e martello.
Fu un disastro annunciato, la band si ritrovò in piccoli locali con scarso seguito, demotivata, senza un soldo e dipendenze di ogni tipo. E finì malamente tra odi, rancori, dissidi.

Johnny Thunders torna a New York e forma gli Heartbreakers.
Il sodalizio durerà poco, tra litigi e i consueti problemi ma la band diventa un live act di culto nella New York del 1976. Vengono invitati da Mc Laren a partecipare all'Anarchy Tour in Inghilterra con Sex Pistols, Clash e Damned ma una volta arrivati a Londra la band di Johnny Rotten appare in diretta alla BBC e investe di insulti e volgarità il presentatore Bill Grundy.
Risultato: tour cancellato.
Rimediarono qualche data e divennero i beniamini della neo nata scena inglese. La leggenda vuole che furono gli Heartbreakers a introdurre l'eroina nel giro londinese.
Dopo molte vicissitudini approdarono anche a un contratto discografico e il singolo “Chinese rock” / “Born to lose” uscito nel maggio 1977, scalò le classifiche indipendenti anche se il ritornello che inneggia all'uso dell'eroina (“Chinese rock” in slang) non permise certo una promozione più capillare. Il tour inglese si fermò un'altra volta a causa di mancati permessi dall'immigrazione.
Anche il loro primo e unico album in studio, “L.A.M.F.” (Like a motherfucker, “come un figlio di puttana”) non ebbe molta fortuna a causa di vari problemi di registrazione.
Ci misero le mani in molti, alla fine uscì lasciando insoddisfatti un po' tutti. Un'altra occasione perduta anche perché la band si scioglie, in preda a divisioni e un'infinità di problemi di (auto) gestione. Peccato, perché il materiale inciso testimonia di un gruppo all'altezza dei migliori nomi del punk rock dell'epoca.

Johnny si affida alla carriera solista, aiutato da grandi nomi del rock underground e della scena punk nel suo esordio solista “So alone”, del 1978. Finalmente un disco ben realizzato anche se il suo discografico Dave Hill confessò amaramente:
“Lavorare con lui fu un vero disastro. Non riusciva a concentrarsi sul lavoro. Ridotto com'era non poteva essere diversamente. Tutto ciò che guadagnavamo lo spendeva in droga. Agiva con superficialità, sprecavamo un sacco di soldi e di tempo”.

Proprio a causa di una dipendenza ormai incontrollabile anche l'intrigante unione con l'ex chitarrista degli MC5, Wayne Kramer, nella nuova band dei Gang War si rivela presto un disastro.
La carriera prosegue tra una lunga serie di devastanti esibizioni live (a cui spesso il pubblico va solo per vedere il tossico barcollante che può far succedere di tutto, come molte volte accade), momenti di sobrietà e ricadute nell'abisso della dipendenza, sporadici album mai completamente soddisfacenti, una vita in costante bilico sul precipizio.
Che alla fine arriverà, inevitabile, nell'aprile del 1991 a New Orleans. La morte rimane avvolta in un vago alone di mistero, tra overdose e (più probabile) leucemia.
Semplicemente, nonostante avesse solo 39 anni, il fisico non era più in grado di sopportare la mole di abusi a cui era stato sottoposto.

Il suo lascito é, alla fine, importante pur se legato inevitabilmente all'immagine di irriducibile protagonista di un'epoca in cui il rock 'n' roll era un contesto veramente pericoloso ed estremo, non ancora normalizzato e musealizzato, in nome del quale in molti ci hanno lasciato la vita. Nessun rimpianto o nostalgia per quei tragici anni ma solo la constatazione della fine di un'epoca di cui Thunders fu tra i principali esponenti.

Il rimpianto è che la sua produzione artistica ci abbia fatto solo intuire l'indubbio talento ma che non é mai riuscita, per i motivi ripetutamente evidenziati, ad esprimerlo al pieno delle sue possibilità.
Rimane comunque una figura imprescindibile non solo nella storia del punk ma dell'intera rock music. E' da poco uscito il libro per Tsunami “LAMF” di Andrea Valentini che con (doverosa) maniacale precisione elenca date, dati, nomi, concerti, dischi, aneddoti su Johnny Thunders scrivendone la storia “definitiva”.
Leggerlo è un (doloroso, considerati gli avvenimenti spesso strazianti di cui è stato protagonista) piacere che ci restituisce un quadro fedele della vita di un grandissimo musicista e compositore.

Nel 1984 con la mia band Not Moving aprimmo il suo tour italiano.
https://tonyface.blogspot.com/2020/05/johnny-thunders-tour-italiano-1984.html
Aveva solo 32 anni ma per noi giovanissimi era già una “vecchia star”.
Lo trovammo piuttosto malandato fisicamente ma dolce, affabile, tranquillo, gentile, piuttosto schivo e appartato ma disponibile alla condivisione, alla chiacchiera tranquilla e senza alcun divismo. I tre concerti furono un'impietosa fotografia della sua vita artistica tra alcuni alti e molti bassi, con sublimi interpretazioni dei suoi classici e imbarazzanti momenti di totale debacle. Perfettamente e tragicamente coerente con la sua tribolata vita.

Born to lose.

giovedì, maggio 02, 2024

Intervista agli Angels of Libra

Michele Savini ci porta nel mondo degli Angels Of Libra con un'intervista ai due componenti Nathan Johnston & Dennis Rux.

Un paio di recensioni dal blog di due recenti album:

NATHAN JOHNSON AND THE ANGELS OF LIBRA - s/t
Brillante esordio per il progetto nato tra la band tedesca e il cantante irlandese. Vintage soul, da Marvin Gaye a Curtis Mayfield e Stevie Wonder a cui si aggiungono incursioni in funk e musiche da colonne sonore anni 70, contaminazioni di gusto afro disco. Album vario, fresco, divertente, gustosissimo.

ANGELS OF LIBRA - Revelations
Suadente soft soul di matrice psichedelica, languido e liquido, prevalentemente strumentale. Un po' di Khruangbin e di Pink Floyd e ottimi groove.

E di seguito una recensione (e foto) del recente concerto Dublinese (sempre a cura di Michele Savini) di Nathan Johnston & the Angels of Libra.

"La performance di Domenica 28 Aprile al Soundhouse di Dublino non delude le aspettative.
Spettacolare come sempre, la band trascina la sala in un vortice di atmosfere modern soul e funk, con sezioni di ottoni appuntite e corpose reminiscenze delle musiche da colonne sonore anni 70.
La scaletta è un misto di brani tratti dall’omonimo album, precedenti lavori e cover.
Cosi, affianco alle acclamate Curtis e All Your Love, in cui Nathan è egregiamente accompagnato vocalmente dalla giovane cantante Irlandese Ella Clayton, trovano spazio brani come “Souvenir “, frutto della collaborazione con il produttore Shawn Lee e addirittura una spettacolare cover di “No one Knows” dei Queens Of Stone Age. IL finale è totalmente cinematografico, con lo strumentale Icarus che trascina lo scarno ma caloroso pubblico del Soundhouse in atmosfere Retro-Noir da sogno.
Ma se c’è una cosa che salta all’occhio è la coesione perfetta di tutti gli 8 elementi sul palco, con una band elegante e rodata, la straordinaria personalità sul palco di Nathan e un Groove spettacolare da inizio a fine "


In tempi in cui è molto più facile e comune fare musica attraverso un computer, è abbastanza insolito che un ragazzo giovane come te si interessi a musica palesemente "Retro" come il soul di ispirazione anni 60. Da dove nasce il tuo amore per il vintage sound?

Nathan: Prima di scoprire l'amore per la musica soul, ero un grande fan dei Beatles e da lì mi sono imbattuto nei gruppi soul degli anni '60.
Una grande ispirazione per me nella musica moderna è stato Paolo Nutini che è chiaramente ispirato da artisti del calibro di Otis Redding e Sam Cooke e da lì mi sono addentrato in questo tipo di sound.
Abbastanza insolitamente, il mio primo album è stato registrato tutto in analogico quando ho firmato con l'etichetta di Amburgo, Clouds Hill, e quella è stata la mia vera introduzione ai suoni vintage e alle tecniche di registrazione analogica.

Dennis: Ho il giradischi fin dalla tenera età di 6 anni penso e ascoltavo tutto il giorno i dischi degli anni 60 e 70 dei miei genitori.
Quando ho iniziato a registrare musica, c'erano ancora i registratori a nastro e tutta l'attrezzatura analogica in giro, quindi ho imparato in quel modo. Per me, registrare alla “vecchia maniera” è ancora il modo corretto di farlo. La batteria suona esattamente come una batteria, e così via …
Da un paio d'anni c'è un sacco di nuova musica registrata in analogico e suonata su strumenti vintage, che utilizza la vecchia estetica e la incrocia con qualcosa di nuovo.

Chi sono gli artisti che vi hanno influenzato di più?

Nathan: The Beatles, Bob Dylan, Sly & The Family Stone, i primissimi Red Hot Chili Peppers, Curtis Mayfield, Charles Bradley Jnr., Amy Winehouse, Paolo Nutini, John Mayer, Arctic Monkeys, solo per citarne alcuni …

Dennis: Gli artisti della Motown, Daptone, Stax ma anche molte band psichedeliche degli anni '60 come Vanilla Fudge, Sweet Smoke, la prima musica progressiva come King Crimson e, naturalmente, moltissimo Beat degli anni '60 e Garage.

Se dovessi scegliere 3 album da portare con te in un’isola deserta quali sarebbero?

Nathan : Odio questa domanda, ce ne sono troppi (ride) .... ma ecco qui per te: Peter Cat Recording Company – Bismillah, Charles Bradley & the Menahan Street Band - Victim of Love, Pink Floyd - Dark Side of the Moon.

Dennis: Eric Burdon & War - Eric Burdon Declares "War", Nektar - A Tab In The Ocean, Black Sabbath - Black Sabbath.

Quando e come hai iniziato a suonare e cantare? Raccontaci delle tue prime esperienze musicali e di come sei finito ad Amburgo con gli Angel of Libra?

Nathan: Ho iniziato a cantare nel coro della scuola quando ero molto giovane e a suonare il piano quando avevo 7 o 8 anni e successivamente la chitarra intorno ai 10 anni. Ero un grande fan dei Green Day e ho iniziato a scrivere canzoni in quello stile quando avevo circa 11 anni.
Sono finito ad Amburgo quando la mia vecchia band ha firmato con l’etichetta locale 'Clouds Hill' e siamo andati lì nei loro studi per registrare un album.
Dennis, che ha iniziato il progetto Angels of Libra originariamente come una Studio Band senza un nome vero e proprio, era negli studi di Clouds Hill nel nostro stesso momento e quando mi ha sentito cantare, mi ha chiesto se volessi partecipare vocalmente ad una traccia di questo suo nuovo progetto. Ho registrato la voce di una traccia per lui e l'ho chiamata “Angel of Libra”.
Alla band il brano piacque così tanto che decisero di adottarlo come nome e il resto è storia.

Le tue liriche guardano a temi attuali e ai problemi della società contemporanea, con numerosi riferimenti biblici e uno sguardo disilluso ma allo stesso tempo ottimista sul mondo... puoi dirci qualcosa riguardo al processo di stesura dei testi ?

Nathan: Il tema principale del disco è incentrato sul coraggio e sulla perseveranza quando si affrontano lotte personali e mancanza di fiducia in sé stessi. Ho preso ‘Angel of Libra’ (spesso indicato come "Il Guardiano di Dio) come un simbolo di speranza: è basato sulla storia dell'Arcangelo Giuseppe, colui che ti aiuterà a guidarti quando c'è confusione o la sensazione di perdersi.
Non dicendoti come, ma aiutandoti a risolvere il problema da solo attraverso l’autoriflessione. Le parti strumentali del primo album erano già registrate quando le ho ricevute e i demo avevano nomi come "Icarus", "Jericho", "Phaedra", "Zariel"... Insieme all’idea di questo "Angelo della Bilancia" ho cercato di scavare più a fondo nell'origine di questi riferimenti e di usarli come base per affrontare le questioni sociali contemporanee come i sentimenti di alienazione e non appartenenza (vedi la canzone Modern Times), la sindrome dell'impostore ( in Curtis), le fake news, i social media e il loro impatto sulla nostra salute mentale (Jericho) e la normalizzazione delle droghe pesanti tra i giovani (Euphoria).

La canzone "Modern Time" è ispirata dalla scomparsa di Charles Bradley, uno degli artisti più dotati degli ultimi 20 anni. In che modo la scena Nu Soul ha contribuito al tuo background musicale?

Nathan: Mi sono innamorato della musica di Charles Bradley quando un amico a Berlino mi ha regalato una copia del suo primo disco. La sua storia è fatta di vera determinazione: ha svolto molti lavori difficili ed è stato un imitatore di James Brown per anni prima di essere scoperto e penso che incarni davvero l'intera idea di essere un vero “Soul Man”. Puoi sentire il dolore, il coraggio e la perseveranza attraverso tutte le sue esperienze che emergono quando canta.
Questa rinascita della musica Soul non è solo perché le persone amano quel tipo di suono, ma credo che sia anche un riflesso dei tempi in cui viviamo in cui l’essere umano cerca qualcosa di reale e significativo, qualcosa che venga dal cuore. Mi ha dato la possibilità di esplorare un lato più profondo di me stesso, sia personalmente che musicalmente, che mi permette di essere libero e autentico sul palco.

Dennis: Dall’arrivo della Daptone Records è nata un'intera scena con un sacco di nuovi artisti ed etichette. Ci sono così tanti nuovi dischi influenti in uscita e la cosa migliore è che si incrociano continuamente con stili differenti e si avvicinano a nuove vibrazioni sonore.

La vostra musica incorpora reminiscenze sonore di Ennio Morricone e dei film Polizieschi italiani degli anni '70. Siete appassionati del genere Soundtrack/Library Music?

Nathan: Adoro tutto quello che riguarda i film e sono piuttosto ossessionato dalle colonne sonore in generale. Tuttavia, è stato Dennis che ha davvero cercato di incorporare queste idee nella nostra musica.

Dennis: Mi affascina il modo in cui quelle colonne sonore riescono a impiantare delle vere e proprie immagini nella tua testa. Sono un grande ammiratore di Ennio Morricone e delle colonne sonore degli anni '60. Suono anche in due gruppi strumentali al momento, dove abbiamo bisogno di creare dei “Film per le orecchie”. Trovo la combinazione tra soul e musica cinematografica particolarmente interessante.

Con una serie di spettacoli in programma il prossimo mese, incluse 3 date in Irlanda, potete dirci cosa il pubblico dovrebbe aspettarsi dalle vostre esibizioni dal vivo?

Nathan: Penso che abbiamo qualcosa per tutti nel nostro spettacolo: ci sono alcuni brani strumentali pazzeschi in cui la sezione dei fiati brilla davvero e un sacco di meravigliosi assoli di tastiera e chitarra.
Ma ci sono anche alcuni pezzi dal Groove fantastico, tracce funky "pop" e un po' di Soul più movimentato per scuotere la pista da ballo. Vi posso assicurare che ci sarà da ballare e da sudare molto…

Avete in programma qualche data in Italia?

Nathan: Abbiamo avuto molto supporto da Radio Contatto e la ricezione in Italia online finora è stata ottima, quindi sì, stiamo seriamente valutando questa possibilità!

Dennis: Sarebbe fantastico fare di nuovo un tour in Italia! La nostra promotrice Jada di Will Work For Funk è italiana e l'ho già contattata per parlarle dell'idea. Adoro le vibrazioni del vostro paese e ovviamente IL CIBO.

C'è qualcosa che bolle in pentola in termini di nuove uscite discografiche da parte tua e dei The Angels OF Libra?

Nathan:
Sì, abbiamo moltissime novità in arrivo!! Un nuovo disco strumentale retro-futuristico è ormai quasi finito e uscirà in versione limitata entro la fine dell'anno. Stiamo anche registrando un nuovo album che sarà una grande esperienza cinematografica e i primi singolo usciranno più avanti nel corso dell'anno, con l'album in arrivo nella primavera del 2025. Quindi teneteci d’occhio!!!

martedì, aprile 30, 2024

Aprile 2024. Il meglio

A un terzo dell'anno l'elenco di ottime uscite da segnalare si allunga ancora di più.
Dall'estero Bella Brown and the Jealous Lovers, Les Amazones d'Afrique, Mdou Moctar, Libertines, Liam Gallagher & John Squire, Mooon, Black Crowes,, Dandy Warhols, Michelle David & True Tones, Big Boss Yard Act, Kula Shaker, Kim Gordon, Real Estate, Tibbs, Idles, New Mastersounds, Mo Troper, Galileo 7 e Popincourt.
Tra gli italiani A Toys orchestra, Tre Allegri Ragazzi Morti, Rudy Bolo, La Crus, The Devils, Enri Zavalloni, Any Other, Smalltown Tigers, Paolo Zangara, Pier Adduce e Paolo Benvegnù.


THE LIBERTINES - All quiet on the eastern esplanade
Lasciate finalmente da parte le banalità da gossip, Pete Doherty, Carl Barat e soci dimostrano di avere ancora tanto da dire e lo fanno con un ottimo album, pieno di belle canzoni. Alcune punkeggianti come "Oh shit", "Be young" o "Run run run", altre immerse in malinconiche atmosfere semiacustiche, bluesy o swinganti ("Baron's claw") o con un tocco reggae. Il capolavoro è però "Merry Old England" un incrocio tra Paul Weller, Joe Strummer, Kinks e Billy Bragg. Un album di cui ci si può anche innamorare.

BIG BOSS MAN - Bossin' around
Quinto album per la band inglese, a dieci anni dal precedente, e ancora un'invidiabile freschezza nel proporre un gustosissimo mix di Hammond sound, boogaloo, latin jazz, funk, soul, ethiojazz, anche uno ska soul irresistibile. Bravissimi nel districarsi in una varietà di stili con grande maestria e padronanza della materia.

GOSPELBEACH - Wiggle Your Fingers
Ultimo album per la band californiana, da sempre interprete di un delizioso 60's sound ("Another summer of love" è stato il mio album dell'anno nel 2017). Nel nuovo lavoro spostano le coordinate più verso i 70's tra jingle jangle, psichedelia tinta di country (con un po' di Neil Young) e pop rock FM tra Tom Petty, Poco, Fleetwood Mac. Hanno fatto di meglio ma il congedo è comunque più che dignitoso e come sempre piacevolissimo da ascoltare.

RIDE - Interplay
Non male il nuovo (settimo della cariiera) della band di Andy Bell. Pur se i dodici brani si muovono tra alti e bassi, momenti di grande classe ed episodi trascurabili e incerti. In ogni caso un buon lavoro, sicuramente sopra la sufficienza tra britpop, echi shoegaze, elegante pop rock.

SHABAKA - Perceive Its Beauty, Acknowledge Its Grace
Concluse le esperienze con Sons Of Kemet e The Comet is Coming, Shabaka Hutchings parte per una nuova avventura con il solo nome di Shabaka.
Abbandona il sax a favore del flauto e scrive un nuovo capitolo del suo fantasmagorico percorso, mischiando nuovo e antico, jazz e ambient, spiritual jazz e influenze etniche, "A love supreme" e Alice Coltrane.
Al suo fianco uno stuolo di eccellenze (Esperanza Spalding, André 3000, Jason Moran, Nduduzo Makhathini on piano, Nasheet Waits tra i tanti).
Un album non facile, meditativo, cerebrale, ancestrale, da chi guarda lontano e non solo artisticamente.

BEYONCE' - Cowboy Carter
Secondo capitolo di una trilogia dedicata alla musica americana, in cui, in questo caso, la pop star guarda alle radici, dal soul al gospel, al country (aspetto che ha suscitato "scandalo" e rimproveri dalle frange più oltranziste dell'ambito), non dimenticando però il sound abituale che ne ha contraddistinto la carriera, a base di pop, elettronica, dance.
Produzione e arrangiamenti stellari, ventisette brani per un'ora e venti di musica, per quanto parte di questi siano brevi intermezzi parlati o con rumori e suoni, cover di "Jolene" di Dolly Parton e "Blackbird" dei Beatles (riuscite).
Un disco molto interessante e importante, completo, complesso, personale, profondo e denso di richiami sociopolitici.

JESUS AND MARY CHAIN - Glasgow eyes
La "svolta pop" coglie di nuovo i fratelli Reid alle prese con un album di tutto rispetto, più convenzionale rispetto alla loro leggenda ma con canzoni convincenti, acide, inquietanti, oscure.
Non un capolavoro ma un dignitoso prosieguo di una carriera sempre ad alti livelli.

CEDRIC BURNSIDE - Hill country love
Il nipote di RL Burnside nel nuovo album sfodera un eccellente repertorio di (rock) blues elettrico, minimale, asciutto, con incursioni in funky e rhythm and blues. Se la cava più che bene e regala momenti di pura eccellenza.

COCKSPARRER - Hand on heart
52 anni di attività e l'ottavo (pare l'ultimo) album di una carriera lunghissima, mai troppo esaltata. Precursori del punk e Oi! hanno sempre continuato imperterriti a macinare un classico street punk rock 'n' roll, duro e compatto dalle melodie e cori irresistibili.Non fa eccezione il nuovo lavoro in cui c'è tutto quello che ci si potrebbe aspettare dai Cocksparrer. Meno male.

FIZZY ORANGE - In mono
La giovanissima band irlandese stupisce con un ep di sei brani in cui spazia tra influenze soul, momenti lo fi rock, un brano che potrebbe essere rubato agli Stones e un fantastico pop beat alla Moody Blues di "Ride my see saw". In mezzo un po' di gusto psych tardo 60, tanto divertimento e gusto pop. Una scoperta sorpredente (grazie all'amico e collaboratore Michele Savini).

RINGO STARR - Crooked boy
Ringo si dedica da anni solo agli ep, avendo abbandonato definitivamente gli album. Il quarto della serie è composto con Linda Perry e ha alla chitarra Nick Valensi degli Strokes. Come sempre gradevole con tre ballate mid tempo piuttosto energiche e un sorprendente, tiratissimo "Gonna need someone" che potrebbe stare tranquillamente proprio in un album degli Strokes.

TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI - Garage Pordenone
Storico nome della scena italiana, tra i più riconoscibili, creativi, originali, i Tre Allegri Ragazzi Morti toccano il traguardo del decimo album e i trent'anni di attività, confermandosi in forma eccellente, alternando atmosfere particolarmente aggressive, al limite del punk rock, le consuete melodie pop sbilenche, un irresistibile brano rocksteady ("Mi piace quello che è vero"), power pop ("L'oscena"), malinconiche ballate. Scorrono nei testi altri allegri ragazzi morti ad arricchire la ormai folta e inquietante umanità sempre sapientemente rappresentata. Ancora una volta un centro perfetto.

THE LOYAL CHEATERS - And All Hell Broke Loose
Secondo album per la band italo-tedesca, guidata dalla voce di Lena McFrison e nuova sferzata rock 'n' roll, potente, spietata, dura e minimale. I riferimenti si piazzano tra Joan Jett, Hellacopters, Amyl & the Sniffers, Juliette & the Licks ma con un'anima rock blues che permea il tutto (in "Hound dog" in particolare). Suonato perfettamente, suoni sempre azzeccati, grande tiro e giusta attitudine.

SLEAP-E - 8106
Asia Martina Morabito, giovanissima musicista bolognese, stupisce per freschezza, immediatezza, sfacciataggine artistica, con un album dall'andamento "sgangherato" che ricorda il mood dei Fall, talvolta le sonorità del primo album dei Cure, la follia di Daniel Johnston, la malinconia "folle" di Kristin Hersh. Ma quello che maggiormente emerge sono una grande personalità e soprattutto coraggio nell'accostarsi a un ambito sonoro in costante bilico tra elementi ostici e atmosfere pop e fruibili.

FERRO SOLO - Almost mine part III: The Fernando Chronicles
E' il terzo e ultimo capitolo della trilogia di Fernando, quella specie di Ziggy Stardust dei poveri che mi sono inventato per riunire delle canzoni che raccontavano una storia piuttosto privata e personale sotto moniker più o meno immaginario. Ferruccio Quercetti, chitarrista e anima dei bolognesi Cut, dal 2018 si è dedicato a una parallela carriera solista che si discosta dalla "band madre", pur conservandone le radici e i tratti compositivi. L'irruenza e la ferocia dei Cut si stemperano in un sound variegato ed eclettico che se, non di rado, si avvicina a J Mascis e Bob Mould con quell'irresistibile punk rock cantautorale e melodico, altre volte si affida a malinconiche ballate acustiche, a una cover di Prince, "When you were mine" e a un costante condimento di soul. Ad aiutarlo uno stuolo di fedeli amici e una verve creativa di primo livello. Più che ottimo.

DEATH WISHLIST - You are next
Un vero e proprio assalto sonoro nell'esordio della band toscana che mischia alla perfezione l'irruenza punk rock, l'attitudine dei primi Motorhead, le tinte hard degli Hellacopters. La registrazione live in studio esalta la peculiarità di un sound che richiede immediatezza, urgenza, spontaneità. Missione compiuta.

RED SUN - From Sunset to Down
La band piacentina è in costante e progressiva evoluzione, come conferma il terzo ottimo album. Le coordinate sono le consuete, un mix di psichedelia acida, stoner, space rock, tutto rigorosamente strumentale e mutuato da lunghe jam sessions in sala prove (dove è poi avvenuta la fase di registrazione). L'aspetto interessante è che non si tratta di composizioni prevedibili o risapute come spesso ci consegna questo ambito sonoro ma, al contrario, si muovono in una dimensione molto personale e stimolante, caratterizzata da grande espressività e creatività. Preparatevi ad allargare la mente e a tuffarvi in un viaggio interplanetario.

I COLORI DEL BUIO - Flipper girl
Alla lunga militanza in territori beat e dintorni di Pierantonio Panini si aggiunge un nuovo capitolo. Tornano I Colori Del Buio, band già attiva nel lontano 1969, poi tra il 1994 e il 2000 (con anche un album) e ora di nuovo vitale, in grande forma e ricca di freschezza. "Flipper girl" parla quell'immortale linguaggio beat che parlavano gruppi come Rokes, Equipe 84, Corvi, con un'energia che attinge dal garage e dal mod rock inglese degli anni Ottanta. Quindici brani ritmati, pieni di storie quotidiane, divertenti ed evocative. Lunga vita al beat!

BEHIND BARS COLLECTIVE - Break free (Prison Songs to Break Free from the Cage)
Importante progetto della super band pugliese composta da Livia Monteleone, Bob Cillo e JJ Springfield, già attivi in esperienze come Dirty Trainload, Santamuerte, Bob Cillo & Mafia Trunk e Couchgagzzz. Dodici brani (di cui quattro cover) imperniati su storie di carcere o di prigionia. La pessima se non tragica condizione delle carceri italiane (ma non solo) hanno spinto il trio ad agire artisticamente per attirare l'attenzione su un problema costantemente marginalizzato e dimenticato da media e società. Il sound è ruvido, chitarristico, crudo e ben rispecchia la tematica affrontata. La veste grafica è impreziosita da una serie di tavole donate da Zerocalcare.  Un lavoro pregevole.

ASCOLTATO ANCHE:
GOSSIP (funk pop disco ben fatto e divertente), MARCUS KING (soul pop molto gradevole, dolcemente easy), BODEGA (discreto album, non del tutto a fuoco tra post punk e influenze meno definite), PEARL JAM (consueto rock super vitaminico, pomp e tronfio), BRAINSTORY (buon mellow funk soul)

LETTO

Andrea Valentini - L.A.M.F. La leggenda di Johnny Thunders
Ho sempre amato leggere libri e/o biografie sui miei artisti preferiti.
E così la ormai oberata libreria di casa è piena di titoli dedicati a Beatles, Who, Clash, Weller, Gil Scott Heron, Clash che, ovviamente, raccontano, di base, la stessa storia ma a cui non rinuncio mai a dare una lettura.
Di Johnny Thunders aveva già scritto in maniera esaustiva Nina Antonia in "In cold blood".
Il libro di Valentini riesce ad andare oltre.
Con maniacale (doverosa e benvenuta) precisione elenca, date, dati, nomi, concerti, interpella protagonisti, fan, spettatori, scova dichiarazioni, interviste, foto, flyer.
Aggiunge sostanzialmente ancora tanto e scrive il libro definitivo sul grande e mai dimenticato Johnny.
E leggerlo è un (doloroso quanto la sua tribolata vita e vicenda artistica) piacere.
Grazie per avere raccolto la mia testimonianza del tour italiano del 1984 con i Not Moving in cui supportammo Johnny Thunders per tre date.


Stefano I. Bianchi - Steve Albini. Big Black, Rapeman, Shellac
Personaggio pressoché unico nella storia della musica "pop/rock/alternativa".
Musicista con band a loro modo seminali, pur nella totale iconoclastia, provocatoria fino all'eccesso, fonico geniale (guai a indicarlo come produttore), umanamente controverso (eufemismo), difficilmente inquadrabile ma sempre lucido e spiazzante.
I dischi a cui ha lavorato Steve Albini sono più di 1.500...basti ricordare che tra i più famosi ci sono "Surfer Rosa" dei Pixies, "In Utero" dei Nirvana, "Rid of me" di PJ Harvey, "Tweez" degli Slint, "Pod" dei Breeders.
Il libro ne ripercorre in modo certosino ma mai pedante la storia artistica, riporta una bellissima intervista del 1997 per "Blow Up" e una serie di impietosi giudizi su molte band con cui ha lavorato.
Libro esaustivo e completo.

Warren Zanes - Liberami dal nulla. Bruce Springsteen e Nebraska
Pur non essendo un grande fan di Bruce Springsteen, di cui ho sempre apprezzato poco, il libro di Warren Zanes (chitarrista dei Del Fuegos e stupendo narratore), molto ben tradotto da Alessandro Besselva Averame, è coinvolgente, appassionante, ricco di spunti, idee, osservazioni.
Si parla di "Nebraska" l'album inciso in solitudine nel 1982, dopo il successo di "The river" e poco prima della consacrazione di "Born in the Usa".
Un disco cupo, drammatico, ostico, acustico, chitarra e voce, che spiazzò fan e critici (per il sottoscritto rimane il migliore della sua produzione).
Scritto e registrato in un momento di profonda crisi esistenziale (come rivela e approfondisce il libro).
"Era pronto a fare il grande salto verso il successo, poi si fermò.
In pratica entrò in clandestinità...Nebraska era una pittura rupestre nell'era della fotografia".
Zanes chiacchiera con Bruce, racconta particolari inediti, fa parlare collaboratori e amici, tesse un'affascinante tela che copre tutto il prima, durante e dopo un disco così unico, particolare e importante.

Ezio Guaitamacchi - She's a woman
A Ezio Guaitamacchi piace raccontare storie.
Di musica, cultura, spettacolo, recenti, lontane, ricche di particolari spesso poco conosciuti o addirittura inediti.
Nel suo nuovo libro ne troviamo 33, relative a personaggi storici e iconici (Billie Holiday, Madonna, Lady Gaga, Janis Joplin) e altri meno conosciuti (almeno dalle nostre parti, vedi le Dixie Chicks o Mercedes Sosa).
Sono storie spesso amare, crudeli, caratterizzate da maschilismo, violenza (pubblica e privata) ma anche di rivalse, vittorie, autodeterminazione, coraggio.
Il tutto corredato da una confezione elegante, ricchissima di foto, didascalie, curiosità, piccoli box che rimandano ad altre vicende ancora.
Un libro che si legge speditamente e con grande gusto.
Molto bella e appassionata la prefazione di Gianna Nannini.

Luca Garrò - I folli del rock. Storie di geni tormentati, sostanze e sregolatezza
Il rock annovera una lunga casistica di "folli" (artisticamente parlando ma soprattutto in relazione allo stile di vita) che hanno lasciato testimonianze di ogni tipo in tal senso. Sarebbe stato facile fare un elenco di episodi più o meno bizzarri per soddisfare senza problemi la curiosità/morbosità del lettore.
Garrò invece affronta la tematica in chiave "medica" e soprattutto esistenziale.
"Siamo così abituati a pensare a un certo prototipo di musicista in termini esclusivamente di eccessi, nichilismo e autodistruttività da dimenticare spesso di trovarci di fronte a esseri umani come noi, con le nostre stesse paure, fragilità e ossessioni.
Che talvola abbiamo bollato come eccentrici, disinibiti o viziosi e che magari abbiamo invidiato per il loro successo e per una vita apparentemente fatta di tanti privilegi e nessuna responsabilità, ma i cui comportamenti spesso non erano altro che sintoni di un disagio sconosciutoi al pubblico."
Si parla di 20 artisti, da Amy Winehouse a Brian Wilson, Syd Barrett, GG Allin, Ozzy Osbourne, David Bowie, Roger Waters, Lou Reed etc.
Storie spesso tragiche e tristi che fanno dimenticare l'enfasi della patina "rock 'n' roll" tanto amata dalla narrazione abituale.
Libro ben fatto pur nella mancanza del più rappresentativo dell'ambito: Keith Moon.

Francesco Massaccesi/ Paolo Massagli - Janis Joplin
Affascinante graphic novel, molto bene illustrata (in bianco e nero da Paolo Massagli) e sceneggiata (da Francesco Massaccesi) in cui si intrecciano i ricordi di alcuni soldati feriti in un ospedale del Vietnam in guerra e la vita di JANIS JOPLIN.
Sullo sfondo/in primo piano un'America in lotta per la pace, per i diritti civili, per un futuro migliore e più giusto.
Che ancora non è arrivato.

VISTO

Tre Allegri Ragazzi Morti live a Rivergaro (Piacenza) - Grill Contest
In tour per il trentennale di attività e il nuovo, più che ottimo, "Garage Pordenone" i Tre allegri ragazzi morti approdano a Rivergaro (Piacenza) nel sovraaffollato "Grill Contest" in riva al fiume Trebbia.
Freddo invernale ma tanto pubblico, concerto tirato e molto duro, classici e cose nuove, sempre efficaci, originali, riconoscibili dalla prima nota.
La storia continua e nel migliore dei modi.

Massimiliano La Rocca live alla Cooperativa Infrangibile Piacenza - 5 aprile 2024
C'è una scena italiana che attinge dalla canzone d'autore ma inserisce influenze "anomale" che pescano dall' "underground".
Piena di nomi e dischi validissimi, affascinanti, interessantissimi.
Alla mai troppo lodata Cooperativa Popolare Infrangibile 1946 di Piacenza è andato in scena lo spettacolo di Massimiliano Larocca il cui "Daimon" è un gioiello che cresce ad ogni ascolto ("Nessun perduto amor"merita un posto nel "Canzoniere Italiano" - sorta di nostrana "Spooky" dei Classic IV)) e che dal vivo acquisisce ulteriori fascinose sfumature.
Band perfetta, "Summer wine" di Nancy Sinatra/Lee Hazlewood ciliegina sula torta.
Non perdetevelo quando approda dalle vostre parti.

COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni domenica "La musica ribelle", una pagina sul quotidiano "Libertà"
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Sulle riviste/zines "GIMME DANGER" e "GARAGELAND"
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".


IN CANTIERE

Un'eccezione dalla nostra pausa per la doverosa partecipazione al Primo Festival della nostra label Area Pirata, sabato 11 maggio.
La festa inizierà alle 18.30 con la presentazione dei libri "No More Pain" e "Dalla Parte Del Torto": ANTONIO CECCHI (C.C.M.) e DOME LA MUERTE C.C.M. / Not Moving) ci parleranno delle loro biografie.

Dalle 21 si avvicenderanno sul palco:
DEATH WISHLIST - che ci presenteranno il loro debutto in uscita ad Aprile
SMALLTOWN TIGERS - fresche di uscita, dopo aver girato l'Europa in compagnia dei Damned e al rientro dal tour inglese!
CUT - una band che tutto il mondo ci invidia e delle bombe atomiche dal vivo!!!
NOT MOVING L.T.D. - davvero hanno bisogno di una presentazione?!

A seguire DJ set di Mr. DOME LA MUERTE.
Sarà presente un bel camioncino che ci sfamerà tutti!!!
E naturalmente vari stand ad accogliervi (tra cui Noi)!
Il tutto al GOB - Ganz of Bicchio - Circolo ARCI di Bicchio Viareggio.
I posti sono limitati (150 ingressi disponibili), ingresso 10€ con tessera Arci per cui si consiglia il preordine alla mail apirata@areapirata.com

lunedì, aprile 29, 2024

The Skids

Ogni mese la rubrica GET BACK ripropone alcuni dischi persi nel tempo e meritevoli di una riscoperta.
Le altre riscoperte sono qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Get%20Back

Speciale The SKIDS.

Scared to dance (1979)
La grande band scozzese esordì nel 1979 con questo album in cui condensava un'anima ancora legata al punk con istanze new wave, brani dall'impostazione epica e declamatoria e una personalità enorme.
Un vero gioiello in cui spiccano brani come "Into the valley" (diventato poi inno dei tifosi del Dunfermline Athletic - città natale della band - e del Charlton Athletic), "Saints are coming" (ripresa dai Green Day e dagli U2), "Hope and glory".

Days in Europa (1980)
The absolute game (1980)
Non particolarmente riuscito "Days in Europa", in bilico tra la conferma delle influenze precedenti e il tentatvo di spingersi oltre, rimane un lavoro incerto e incompiuto.
Meglio "The absolute game" più a fuoco con un ritorno al sound del primo album con influenze melodiche e compositive talvolta non lontane dai Clash.
Entrambi gli album ebbero fastidiose controversie a causa di (malcapitati e superficiali) riferimenti al nazismo.
Nel primo la copertina originale aveva un disegno di una premiazione riferita alle Olimpiadi svoltesi nella Germania nazista del 1936.
Fu subito cambiata dopo una serie di proteste.
Che interessarono anche la title track che parlava, in modo oscuro, di "salmi ariani" e aveva altre frasi piuttosto ambigue. Il secondo venne accompagnato da un ep dal titoli "Strenght trough joy" (slogan nazista) e anche in questo caso subito mandato fuori commercio.
Il tutto unito dal logo della band con le due S del nome che riproducono il logo delle SS.
I musicisti hanno sempre ovviamente smentito ogni connessione.

Joy (1981)
Stuart Adamson lascia il gruppo e va a formare i Big Country con cui troverà un grande successo e notorietà. Si suiciderà nel 2001.
La band, prima di sciogliersi, pubblica un lavoro più orientato verso il folk scozzese, pur se filtrato con suoni post wave, in un risultato piuttosto sconclusionato e decisamente poco riuscito.

La band si riunirà nel 2017 con il solo Richard Jobson e l'aiuto di Bruce Watson ex sodale di Stuart Adamson nei Big Country.
Incideranno il discreto pur se anonimo "Burning cities" (prodotto da Youth), molto duro e aggressivo, "Songs from a Haunted Ballroom", disco di cover di Clash, Sex Pistols, Stooges, Ultravox! e altri, piuttosto inutile e il recente "Destination Düsseldorf" (con un ottimo brano, la title track, scritto dall'ex Stranglers Hugh Cornwell), energico e ben fatto.

sabato, aprile 27, 2024

Classic Rock

Nel nuovo numero di CLASSIC ROCK recensisco gli album di Lemon Twigs, The Unclaimed, Mooon, Mick Harvey, Cesare Basile, Indigesti, Mark & the Clouds, Gglum, Bruce Sudano, Nagual, Red Sun, SoleMuto.

venerdì, aprile 26, 2024

Andrea Valentini - L.A.M.F. La leggenda di Johnny Thunders

Ho sempre amato leggere libri e/o biografie sui miei artisti preferiti.
E così la ormai oberata libreria di casa è piena di titoli dedicati a Beatles, Who, Clash, Weller, Gil Scott Heron, Clash che, ovviamente, raccontano, di base, la stessa storia ma a cui non rinuncio mai a dare una lettura.
Di Johnny Thunders aveva già scritto in maniera esaustiva Nina Antonia in "In cold blood".

Il libro di Valentini riesce ad andare oltre.
Con maniacale (doverosa e benvenuta) precisione elenca, date, dati, nomi, concerti, interpella protagonisti, fan, spettatori, scova dichiarazioni, interviste, foto, flyer.
Aggiunge sostanzialmente ancora tanto e scrive il libro definitivo sul grande e mai dimenticato Johnny.
E leggerlo è un (doloroso quanto la sua tribolata vita e vicenda artistica) piacere.

Grazie per avere raccolto la mia testimonianza del tour italiano del 1984 con i Not Moving in cui supportammo Johnny Thunders per tre date.
https://tonyface.blogspot.com/2020/05/johnny-thunders-tour-italiano-1984.html

L'unico romanticismo è quello di Johnny quando era vivo e in buona salute.
Il romanticismo lo si vedeva quando era sul palco ed era Johnny Thunders.

(Nina Antonia)

Andrea Valentini
L.A.M.F. La leggenda di Johnny Thunders
Tsunami Edizioni
322 pagine
25 euro

mercoledì, aprile 24, 2024

Davide Bowie Mod Years

Un estratto da un'intervista a David Bowie nel 1983 a cura di Timothy White in cui David Jones (nome utilizzato all'epoca) parla dei suoi ANNI MOD.

Raccontami dell'adolescenza, della tua prima adolescenza.
Avevo la tipica voglia di rompere i legami con la casa e i genitori, la classica rabbia giovanile.
Ho un fratellastro e una sorellastra, a nessuno dei quali sono mai stato particolarmente legato, perché non hanno mai vissuto a casa. Sono stato allevato apparentemente come figlio unico.
Ho perso i contatti con la mia sorellastra Annette quando avevo 12 anni, è stata l'ultima volta che l'ho vista, era molto più grande di me ed è andata in Egitto per sposarsi.
Da allora nessuno di noi ha più avuto sue notizie e abbiamo cercato di rintracciarla.
Ho vissuto a Brixton fino all'età di 11 anni, e questo mi è bastato per rimanerne molto colpito.
Ha lasciato nella mia mente immagini grandiose e forti.
Poiché la musica che nasceva nella mia prima adolescenza si svolgeva a Brixton, era il luogo con cui si aveva un rapporto continuo.
Tutti i club ska e bluebeat erano a Brixton, quindi uno gravitava lì.
Inoltre era uno dei pochi posti in cui suonavano dischi di James Brown, a parte due club francesi in città, La Poubelle e Le Kilt.
Un mio amico, Jeff McCormack, che finì con il nome di Warren Peace in "Diamond Dogs", aveva una grande collezione di dischi ska, e non valeva la pena competere con lui, così decisi di comprare Chuck Berry, Little Richard e altre cose blues.

Gli adolescenti bianchi erano i benvenuti agli Shebeens (locali illegali, diffusi nelle comunità black londinesi) ?
A quel tempo era cool.
Se esprimevi interesse per la musica e ti divertivi con quello che succedeva nei club, era molto più facile essere accettati, immagino di quanto non lo sia oggigiorno.
Anche se non lo so, non vado in quei club da anni.
Non sono quasi mai stato a Londra in termini sociali e di vita per così tanto tempo, che ora è quasi una città estranea per me, il che è un peccato per certi aspetti, ma ne perdi alcuni e ne guadagni altri.

All'inizio della tua carriera hai trascorso molto tempo nel leggendario Marquee Club, che aveva serate R&B settimanali con artisti come Sonny Boy Williamson e gli Yardbirds.
Com'era quella scena nei primi anni '60?

Ho fatto amicizia con i proprietari; per me non c'erano regole quindi entravo furtivamente e guardavo cosa succedeva.
Il Marquee, The Scene, l'Eel Pie Island a Twickenham, erano tutti un circuito.
All'epoca avevo 16 anni, per me che frequentavo spesso quei posti era l'era dei primi mod.
C'erano due scene di Mods in Inghilterra, la prima risale al 1962-63.
Il gruppo iniziale si definiva modernista, ridotto poi a mod.
Questi non erano i modelli con "anorak" imbottito e impermeabili in gabardine che sono comparsi più tardi con gli scooter.
A quel tempo il mondo degli scooter non era così importante per i primi mod. Si girava ancora con i mezzi pubblici.
I primi mod indossavano abiti molto costosi; molto, molto eleganti. E il trucco ne era una parte importante: rossetto, fard, ombretto e una vera e propria cipria. Era molto in un'ottica dandy, amavano James Brown. Elitario. Le pillole hanno sempre avuto un ruolo importante; era tutto veloce.
Non dovevi amare gruppi come i Rolling Stones, e soprattutto gli Action, gli Who e tutta quella folla che arrivò dopo, che piaceva ai ragazzi con i parka della fine degli anni '60 che non erano dei veri mod.
Li ascoltavi di nascosto. Ma mi sentivo triste perché la moda precedente era ormai scomparsa.
Ho vestito l'archetipo: abiti di mohair, abiti bicolore; le scarpe erano di grande valore; Camicie Billy Eckstine con grandi colletti rivoltati. O avevi un colletto appuntato o abbottonato o arrotolato.

Come guadagnavi i soldi per vestirti?
(Ridacchiando, strizzando l'occhio) I soldi li ho guadagnati in un modo o nell'altro, trafficando.
Inoltre, una cosa usuale era andare sul retro di Carnaby Street a tarda notte e razziare i bidoni della spazzatura.
Perché a quei tempi se qualcosa mostrava il minimo segno di deterioramento o mancava un bottone o c'era la minima cosa che non andava, la buttavano, così potevi raccogliere un sacco di roba fantastica.
Questo accadeva proprio mentre la strada (Carnaby St) stava diventando popolare.
In effetti, c'erano solo quattro negozi lì che vendevano vestiti di quel tipo, quindi non era una cosa turistica a quel tempo.
Inoltre, potevi farti fare dei bei vestiti a Shepherd's Bush.
C'erano bravi sarti che confezionavano un abito velocemente e a buon mercato, con tessuti (grande sorriso) che non ti chiedevi come potessero ottenere così a buon mercato.
Quindi ti vestivi, andavi al Marquee Club e impazzivi ascoltando rhythm'n'blues.
Fondamentalmente era un periodo rhythm'n'blues, che aveva appena colpito alla grande l'underground.
All'epoca dei mod non ero interessato al cento per cento alla musica, ma suonavo il sassofono da quando avevo 13 anni, di tanto in tanto.
Le cose che avevo considerato di fare una volta lasciata la scuola erano continuare a fare il pittore, iniziare a lavorare in un'agenzia pubblicitaria o fare il musicista se fossi riuscito a diventare così bravo.

Il manager Kenneth Pitt ti aveva visto al Marquee Club quando avevi 18 anni e guidavi una band chiamata David Jones & the Lower Third. Che tipo di gruppo erano i Lower Third?
Immagino che volesse essere una band rhythm'n'blues.
Abbiamo fatto un sacco di cose di John Lee Hooker, e abbiamo provato ad adattare le sue cose al beat, senza però tanto successo.
Ma questo era il punto; tutti sceglievano un artista blues come proprio. Qualcuno aveva Muddy Waters, qualcuno aveva Sonny Boy Williamson.
Il nostro era Hooker.
È stata anche la prima band in cui ho iniziato a scrivere canzoni.
Penso che la prima canzone che ho scritto ma ce ne potrebbero essere altre, ma questa è l'unica che risalta, si intitolava "Can't Help Thinking About Me" (scoppia a ridere).
È un piccolo pezzo illuminante, non è vero?
Si trattava di lasciare casa e trasferirsi a Londra.
"The London Boys" era un'altra canzone sull'essere un mod, era una canzone contro le pillole.
Dopo un po' non ero più particolarmente favorevole alla cosa.

martedì, aprile 23, 2024

Luca Garrò - I folli del rock. Storie di geni tormentati, sostanze e sregolatezza

Il rock annovera una lunga casistica di "folli" (artisticamente parlando ma soprattutto in relazione allo stile di vita) che hanno lasciato testimonianze di ogni tipo in tal senso.
Sarebbe stato facile fare un elenco di episodi più o meno bizzarri per soddisfare senza problemi la curiosità/morbosità del lettore.
Garrò invece affronta la tematica in chiave "medica" e soprattutto esistenziale.

"Siamo così abituati a pensare a un certo prototipo di musicista in termini esclusivamente di eccessi, nichilismo e autodistruttività da dimenticare spesso di trovarci di fronte a esseri umani come noi, con le nostre stesse paure, fragilità e ossessioni.
Che talvola abbiamo bollato come eccentrici, disinibiti o viziosi e che magari abbiamo invidiato per il loro successo e per una vita apparentemente fatta di tanti privilegi e nessuna responsabilità, ma i cui comportamenti spesso non erano altro che sintoni di un disagio sconosciuti al pubblico."


Si parla di 20 artisti, da Amy Winehouse a Brian Wilson, Syd Barrett, GG Allin, Ozzy Osbourne, David Bowie, Roger Waters, Lou Reed etc.

Storie spesso tragiche e tristi che fanno dimenticare l'enfasi della patina "rock 'n' roll" tanto amata dalla narrazione abituale.
Libro ben fatto pur nella mancanza del più rappresentativo dell'ambito: Keith Moon.

Luca Garrò
I folli del rock. Storie di geni tormentati, sostanze e sregolatezza
Diarkos
258 pagine
19 euro

lunedì, aprile 22, 2024

Linton Kwesi Johnson

Riprendo l'articolo che ho scritto ieri per "Libertà", quotidiano di Piacenza, nell'inserto culturale "Portfolio", diretto da Maurizio Pilotti.

Linton Kwesi Johnson non è un nome particolarmente noto in Italia.
Ma è uno dei principali poeti (trasposti in musica) della tradizione anglo/giamaicana ovvero degli immigrati in Gran Bretagna negli anni Sessanta dalle colonie delle West Indies (nazioni poi diventate progressivamente indipendenti dei Caraibi).
Cittadini inglesi che trovarono nella “madre patria” invece che accoglienza e solidarietà, razzismo e discriminazione.

Nato poverissimo in Giamaica, Linton si trasferisce con la madre a Londra nel 1963, a 11 anni. Trova, a sorpresa, una vita dura, costretto a fronteggiare un razzismo esplicito, la creazione di ghetti, la separazione culturale e sociale tra bianchi autoctoni, eredi dell'Impero e quelli che sono stati sudditi fino a poco tempo prima.
“La mia esperienza è il frutto di un’infanzia tropicale e contadina prima e della vita in una città industriale dove i neri vivono in condizioni coloniali, poi. Quando arrivai a Brixton mi aspettavo grandi strade, case belle, gente ricca. Arrivavo da un piccolo paese rurale e sbarcare a Londra fu un grande shock. Fui sorpreso nel vedere bianchi che pulivano le strade, in Giamaica erano tutti ricchi e li chiamavamo signori o padroni. Anche le case mi sembravano tutte fabbriche con i comignoli che buttavano sempre fumo. A scuola ho fatto la mie prima esperienze col razzismo. Credevo veramente che i bianchi fossero brava gente, invece i ragazzini mi chiamavano sporco negro e gli insegnanti facevano commenti razzisti tipo: “Dove credi di essere nella giungla?”.

Lo stesso senso di straniamento che troviamo nella maggior parte degli immigrati dalle West Indies, soprattutto dopo l'indipendenza ottenuta dalla Giamaica dal Regno Unito nell'agosto del 1962.
Linton studia e si laurea in sociologia, approfondisce l'impegno politico e culturale, nel 1973 entra a far parte delle locali Black Panther, lavora e incomincia a impegnarsi nella scrittura, anche musicale, grazie alla quale approda come recensore alle riviste Melody Maker, New Musical Express, Black Music, oltre a scrivere note biografiche per gli artisti reggae della Virgin Records.
Ma é la poesia che lo attrae e coinvolge di più, che diventa il tratto distintivo della sua forma di creatività, destinata ad essere unica. Utilizza un linguaggio duro, aspro, abrasivo, diretto, senza mezzi termini, che fonde cultura caraibica con una cupa visione di un'Inghilterra industriale e spietata che sta per entrare nei terribili anni Tatcheriani.

Il linguaggio attinge dal Patois giamaicano, imbastardimento dell'inglese, mischiato a parole e assonanze creole. Ma ha bisogno di una musica di accompagnamento, ovviamente il reggae, a cui provvederà il grande Dennis Bovell.
“Non sono un musicista, sono un poeta che però lavora in una tradizione dove la musica e le parole sono una parte integrante e le influenze maggiori sono caraibiche e di poesia orale. Le mie esperienze di poeta sono frutto di un'infanzia contadina. Nei Caraibi i bambini conoscono centinaia di giochi e storielle in rima. Quando incominciai a scrivere, la musica si insinuava tra le righe della poesia, le parole mi venivano sempre in mente accompagnate da un giro di basso. Nel reggae il basso dà anche la melodia, non soltanto il ritmo e quando compongo ho sempre dentro un giro di basso. Partendo da questo, aggiungo la batteria e quindi decido il tempo. In seguito decido se metterci delle tastiere, dei fiati o qualche assolo di chitarra e ne discuto coi musicisti durante la registrazione”.

“Dread Beat an' Blood” é il suo primo successo letterario, nel 1975, e sarà la base per il fulminante, omonimo, esordio discografico del 1978, tra heavy dub, reggae e parole pesantissime.
Verrà definita “Dub Poetry”, una sorta di genere che avrà importanti seguaci. "Per me scrivere poesie è un atto politico. Un modo di articolare la rabbia e il dolore della mia generazione, cresciuta come gioventù nera in un ambiente razziale ostile. Ero consapevole che l'educazione era l'unica via d'uscita dalla povertà per uno come me."
Seguiranno album di sempre maggior successo e spessore ma soprattutto di enorme importanza letteraria, che lo consacreranno tra i più rappresentativi cantori dell'Inghilterra dei neri e degli oppressi.
In particolare “Bass Culture” del 1980 con l'immortale e sferzante inno “Inglan is a bitch”: “L'Inghilterra é una puttana / non si può evitarlo /non c’è modo per scappare/ dobbiamo imparare a sopravvivere”.

“E' la cultura popolare giamaicana che mi ha permesso di resistere in Inghilterra. Furono le mie radici e la mia lingua un'arma da usare contro la cultura del razzismo in Gran Bretagna. Stavo cercando di trovare un ponte tra l'inglese standard e il giamaicano parlato. Molta poesia dell’epoca suonava come se i Caraibi cercassero di sembrare americani, un po’ come quelle canzoni di Mick Jagger in cui cerca di cantare come se venisse dal profondo sud. Per me, ciò che era importante era l'autenticità della voce. Non volevo emulare nessun altro. Volevo che suonasse come me.”

Trova il supporto anche della scena punk, notoriamente ben predisposta nei confronti degli artisti reggae, con cui molte band hanno collaborato o da cui hanno preso grande ispirazione (Clash, Police, Ruts, Stiff Little Fingers tra i tanti).

“Nel 1978 mi trovai a suonare prima dei Public Image LTD, il nuovo gruppo di Johnny Rotten appena uscito dai Sex Pistols. C’ero solo io sul palco con un registratore con le basi e davanti a me un oceano di punk. Volevo scapparmene ma con mia grande sorpresa piacqui tantissimo”.

Nel tempo si è faticosamente rifatto dalle sofferenze subite diventando progressivamente una figura sempre più importante, seguita e rispettata, anche in quelle istituzioni da cui era stato osteggiato e che a sua volta aveva aspramente criticato.
Nel 1981 forma l’etichetta indipendente LKJ Records con cui spinge artisti reggae emergenti. Nel 1982, conduce un programma per la BBC From Mento to Lovers Rock in cui affianca musica e disamine sociopolitiche sulla situazione inglese.
Nel 2002 è il secondo poeta vivente ed il primo di colore ad essere pubblicato dalla Penguin Modern Classic Series, nel 2005 viene premiato con la medaglia di argento dall'Istituto della Giamaica per essersi distinto nell'arte della poesia. Sopravvive con molta difficoltà a un cancro che gli compromette parzialmente la carriera.
Negli ultimi anni infatti la sua presenza sulla scena si é sempre più diradata ma i semi piantati da anni hanno continuato a germogliare e a permettergli di raccogliere premi, onorificenze, tributi in tutto il mondo. Il suo concetto politico di “democrazia socialista” lo pone orgogliosamente in prima linea a fianco dei più deboli, delle vittime delle ingiustizie sociali e della brutalità della polizia, felice ed entusiasta nel vedere il recente sollevarsi della popolazione americana (e non solo) intorno al movimento del Black Lives Matter.

“Sono al settimo cielo per ciò che sta succedendo tra i giovani. Vengo da una generazione ribelle di attivisti che volevano cambiare il paese e sembra che questa nuova generazione stia proseguendo di nuovo su questa strada. Sono così felice di essere vivo per vederlo succedere. C'é stata una risposta enorme anche qui in Inghilterra perché il razzismo é nel sistema legale e c'é impunità nella polizia. Direi che il razzismo é parte del Dna culturale della Gran Bretagna.”

Allo stesso modo é sempre particolarmente lucido e pungente nella visione politica sulle scelte a livello mondiale e sulle prospettive riservate ai popoli:
"Trovo decisamente ironico che metà del mondo si preoccupi del disarmo nucleare mentre il resto del globo non è nemmeno consapevole che esista il problema. Le loro priorità hanno a che fare con la sopravvivenza giorno per giorno: trovare cibo, vestiti e un posto dove vivere, confrontandosi sempre con alcuni dei regimi più oppressivi e crudeli del mondo, massacri e fame."

Ha recentemente dichiarato che avere passato i settanta anni lo ha reso pigro e abitudinario ma non ha certo perso la sua visione nei confronti di un mondo che va verso l’autodistruzione, cercando sempre uno spirito positivo, in mezzo alla critica, spesso feroce, verso chi lo governa così male.
“Io sono un eterno ottimista. Lo devi essere. C’è sempre speranza, anche se sembra che stiamo facendo passi indietro in termini di giustizia sociale, immigrazione, povertà. Non so quanto leggano i giovani ma è importante informarsi su ciò che è accaduto prima perché la continuità è cruciale. Devi sapere da dove vieni per sapere dove stai andando.”

giovedì, aprile 18, 2024

Warren Zanes - Liberami dal nulla. Bruce Springsteen e Nebraska

Pur non essendo un grande fan di Bruce Springsteen, di cui ho sempre apprezzato poco, il libro di Warren Zanes (chitarrista dei Del Fuegos e stupendo narratore), molto ben tradotto da Alessandro Besselva Averame, è coinvolgente, appassionante, ricco di spunti, idee, osservazioni.

Si parla di "Nebraska" l'album inciso in solitudine nel 1982, dopo il successo di "The river" e poco prima della consacrazione di "Born in the Usa".
Un disco cupo, drammatico, ostico, acustico, chitarra e voce, che spiazzò fan e critici (per il sottoscritto rimane il migliore della sua produzione).
Scritto e registrato in un momento di profonda crisi esistenziale (come rivela e approfondisce il libro).

"Era pronto a fare il grande salto verso il successo, poi si fermò.
In pratica entrò in clandestinità...Nebraska era una pittura rupestre nell'era della fotografia".


E' noto l'amore del Boss per i Suicide, gruppo apparentemente antitetico alla sua opera ma che invece sono stati decisivi per l'incisione dell'album.

"I Suicide, c'era qualcosa in loro che mi attirava. Una musica pericolosissima che parlava ad alcune parti di te con le quali non sempre la musica riusciva a entrare in contatto. Ha influenzato parecchio "Nebraska", direi soprattutto il tono del disco. Nella loro musica c'era una spietatezza che mi affascinava e che volevo entrasse a fare parte della mia musica."

Zanes chiacchiera con Bruce, racconta particolari inediti, fa parlare collaboratori e amici, tesse un'affascinante tela che copre tutto il prima, durante e dopo un disco così unico, particolare e importante.

Warren Zanes scrive una delle considerazioni più illuminate su cosa vuol dire suonare in una band:

Fin dall'epoca dei primi Beatles, i gruppi rock rock 'n' roll rappresentavano il luogo in cui si identificavano molti giovani maschi americani.
Per quelli che arrivarono dopo, entrare a fare parte di una band significa ESISTERE.
La gente faceva dei sacrifici per riuscirci.
Io sapevo il motivo, se non altro perché lo sperimentavo dall'interno.
Quando mio fratello mi portò nei Del Fuegos, un sacco di cose cominciarono improvvisamente ad avere senso.
Ero parte di qualcosa.
E quando me ne andai, non parlandogli più per due anni dopo una serie di brutali discussioni?
Non facevo più parte di quella cosa.
O eri dentro o eri fuori.
Mi sono reso conto che le persone non parlano molto spesso della pazienza e della forza d'animo che occorrono per fare parte di un gruppo.
LE BAND TI POSSONO SPEZZARE IL CUORE."


Warren Zanes
Liberami dal nulla. Bruce Springsteen e Nebraska
Jimenez Edizioni
280 pagine
22 euro
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